di Pierre Yelen – Cantando e danzando, le donne ci accompagnano alla macchina. È l’ennesimo grazie che le coltivatrici di cipolle ci regalano. Sono contente, la stagione produttiva sta concludendosi nel migliore dei modi.
Abbiamo terminato la visita anche al secondo perimetro irriguo. Sono ormai le 14h20, Yacouba mi propone di fermarci a Saba per mangiare qualcosa: in un bar lungo la strada.
Seduti intorno al tavolo, con Richard e Jean, plachiamo subito la sete e indaghiamo sui piatti disponibili. Comincia ad aleggiare qualche dubbio. “Dove ci hai portato? C’è solo riso con salsa d’arachidi!” Jean è quello più alterato perché non ama particolarmente le arachidi. Yacouba, invece, ancora in piedi dopo aver parcheggiato, risponde con una risata, giocandosi subito il suo jolly: “che ce li hanno regalati a fare i due polli se non li mangiamo? Qui li sanno cucinare bene!”.
Lo guardiamo interdetti ma non abbiamo il tempo nemmeno di replicare che Yacouba ha già investito del compito due ragazzi che si avviano nel retrobottega per cominciare il lavoro.
Dopo dieci minuti, li rivediamo armeggiare davanti al nostro tavolo. L’uno, concentrato nello sminuzzamento della carcassa; l’altro, nel ravvivare le braci del barbecue: un fusto di latta tagliato a metà, appoggiato su un cavalletto di ferro, con sopra una griglia metallica, a maglie strette. Ci appoggiano i pezzi di pollo accuratamente tagliati con un coltello, più un machete che uno strumento da cucina.
Per i venti minuti seguenti solo qualche spruzzatina d’acqua per soffocare piccoli focolai di fiamma, quindi il più piccolo di statura si alza dalla sedia con determinazione e comanda di riprendere i preparativi.
Per l’assistente il taglio delle cipolle: saranno quelle delle nostre contadine? Per il “cuoco” un lavoro più professionale: scuote un sacchetto vuoto di CimFaso per eliminare i residui polverosi di cemento, lo apre trasformandolo in un ampio foglio rettangolare, lo stende sul tavolo di legno e con un pennello unto ne cosparge la superficie superiore con un liquido oleoso. Vi pone, infine, i pezzi di pollo con accortezza, senza dimenticarne alcuno – testa e zampe incluse -, lo richiude a mo’ di cartoccio e lo rimette sul barbecue. Per non farlo aprire vi poggia sopra una pietra.
Si rimettono tutte e due seduti, in silenzio, con lo sguardo perso verso l’asfalto della Ouagà-Bobo.
Due ragazzi che, lavorando insieme, si guadagnano la vita. Così come i due giovani dell’entroterra umbro-marchigiano che, lasciata la città, realizzano un piccolo caseificio artigianale nel paese d’origine dei genitori. Qualche accorgimento tecnico nella preparazione del formaggio e qualche investimento sul marchio: funziona! Il laboratorio di produzione viene chiuso, però, dopo un’ispezione dell’ufficio d’igiene. L’altezza delle mattonelle che devono coprire le pareti del laboratorio è insufficiente rispetto a quella prevista…
“Voilà messieurs … le poulet sanmoré!” Il cartoccio è aperto su un gran piatto di plastica, le cipolle tagliate alla julienne, in un lato, la polvere di peperoncino, in un altro.
Che il pranzo cominci … non è mai troppo tardi per mangiare!
L’energia, la forza e la semplicità di questi giovani saranno vincenti. Ce la faranno i nostri ragazzi, invece, frenati e rallentati da una società sempre più decadente ma che si sente moderna e dinamica perché produce una moltitudine di direttive, regolamenti e procedure che stanno diventando il vero moloch dei tempi moderni?
“Mangiato bene e tanto. Ora possiamo ripartire in piena forma!” Si Yacouba, ripartiamo.
Saba, 28 febbraio 2021